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![]() SIONISMO Ideologia tendente alla costituzione di uno stato ebraico. L'ASPIRAZIONE ALLA TERRA PROMESSA. Il termine (da Sion, collina di Gerusalemme) fu coniato nel 1890 da Nathan Birnbaum nella sua rivista "Selbstemanzipation" per propugnare un partito sionista che raccogliesse politicamente l'aspirazione religiosa degli ebrei a tornare nella terra promessa. Un movimento in tal senso, incoraggiato dalla presenza d'una seppure limitata comunità ebraica di Palestina o yishuv (circa cinquemila persone verso il 1770, diecimila all'inizio dell'Ottocento), si era determinato a partire dalla metà del secolo sotto forma di colonizzazione economica, sia tramite l'acquisto di terreni con sir Moses Montefiore (1854), sia tramite il patrocinio a iniziative locali (istituto agrario di Mikveh Israel presso Giaffa, finanziato dall'Alliance israélite universelle, 1870; la colonia di Petah Tikva fondata nel 1878 da un gruppo di ebrei di Gerusalemme con capitali britannici). Tra i precursori del sionismo in questa fase vi fu il patriota italiano d'origine calabrese Benedetto Musolino (1809-1885), fautore dell'insediamento ebraico in Palestina quale strumento per introdurre la cultura europea nel vicino Oriente. Un impulso decisivo a trasformare l'immigrazione in Palestina da fenomeno episodico in movimento organico e tendenzialmente di massa venne dagli ebrei dell'Europa orientale, che non solo costituivano all'epoca la stragrande maggioranza della diaspora ebraica (circa cinque milioni e mezzo su quasi otto nel 1880), ma erano quelli che vivevano nelle condizioni peggiori. In risposta alle frequenti persecuzioni antiebraiche (vedi pogrom) sorsero in Russia, Polonia, Romania numerose società di Hovevei Zion (Amanti di Sion), il cui primo successo fu la fondazione in Giudea nel 1882 della colonia di Rishon le-Zion (La prima in Sion). GLI INSEDIAMENTI IN PALESTINA. Seguirono altri insediamenti, che ricevettero sovvenzioni da parte di ricchi ebrei dell'Europa occidentale, tra i quali i baroni Edmond de Rothschild e Moritz von Hirsch. La costituzione del sionismo in movimento politico avvenne in gran parte come reazione all'antisemitismo e si dovette a Theodor Herzl, che nel 1897 convocò a Basilea il primo congresso mondiale dell'organizzazione ponendone alla base il progetto di costruire uno stato del popolo ebraico (non necessariamente in Palestina) tutelato dal diritto internazionale. La proposta fu inizialmente accolta con indifferenza dalla maggioranza degli ebrei in tutto il mondo, mentre incontrò una decisa opposizione, per opposti motivi, sia da parte della destra religiosa (cui appariva blasfema la pretesa di ricostruire Israele prima dell'avvento del messia), sia da parte dell'ebraismo riformista, forte in Germania e Ungheria, favorevole piuttosto all'integrazione degli ebrei negli stati d'appartenenza e fautore di una religiosità fondata unicamente su verità eterne svincolate da fattori storico-geografici. Al progetto si opposero autorevoli esponenti dell'ebraismo statunitense, che nei primi anni del Novecento sostenevano essere gli Usa la loro Terra promessa, posizione questa che sarebbe stata poi ripresa dall'American Council for Judaism, promosso nel 1942 dal rabbino Elmer Berger. Ciò non scoraggiò i dirigenti sionisti che, morto Herzl, ratificarono la scelta palestinese al loro VII congresso (Basilea, 1905) e ne avviarono la realizzazione. Una svolta capitale in tal senso si ebbe durante la Prima guerra mondiale grazie alla dichiarazione di Balfour, fatta propria dalla Società delle nazioni che, nell'affidare il mandato sulla Palestina alla Gran Bretagna (1922), sancì il principio della collaborazione tra sionismo (per mezzo dell'Agenzia ebraica) e amministrazione britannica. Forti dell'avallo internazionale, i dirigenti sionisti (tra cui, in primo piano, Chaim Weizmann e David Ben Gurion) si dedicarono a gettare le fondamenta del futuro stato ebraico in Palestina. Ben presto, tuttavia, intervennero contrasti in seno al movimento sionista intorno alla proposta britannica di uno stato ebraico-arabo integrato. Nettamente contrari erano i revisionisti di Vladimir Jabotinsky (1880-1940), considerando loro unico obiettivo politico essenziale la costituzione dello stato ebraico; più possibilisti furono invece i cosiddetti sionisti generali (Weizmann, Ben Gurion) che, pur senza rinunciare a tale obiettivo strategico, ritenevano prioritario concentrare gli sforzi sull'immigrazione (che aumentò sensibilmente in seguito all'avvento del nazismo in Germania); favorevoli invece a uno stato binazionale con assoluta parità di diritti fra arabi ed ebrei furono i marxisti di Hashomer hatsair. LO STATO D'ISRAELE. Usciti nel 1935 dall'Organizzazione sionista mondiale (Wzo, World Zionist Organization), dopo la mancata approvazione di una mozione che definiva obiettivo ufficiale del sionismo la creazione di una maggioranza ebraica e di uno stato ebraico in Palestina, i revisionisti vi rientrarono durante la Seconda guerra mondiale, dopo l'approvazione del cosiddetto programma del Biltmore (dalla sede della conferenza sionista che proclamò, nel 1942, la Palestina sede nazionale ebraica obiettivo del popolo ebraico), ed ebbero come punto di riferimento il partito Herut di Menachem Begin. Avvenuta la costituzione dello Stato di Israele, obiettivo del sionismo divenne il consolidamento di quest'ultimo, da realizzarsi mediante il confluire degli esuli nella Terra d'Israele e l'incoraggiamento dell'unità del popolo ebraico. La ridefinizione degli scopi e del ruolo del movimento non fu esente da tensioni, in particolare tra la massima personalità sionista della diaspora, il rabbino statunitense Abba Hillel Silver, e Ben Gurion, deciso a respingere qualsiasi presunzione di tutela sul nuovo stato da parte del movimento sionista. In particolare, Ben Gurion sosteneva che la raccolta di fondi e le altre forme di assistenza agli ebrei d'Israele erano responsabilità naturale di tutti gli ebrei della diaspora (i quali acquistavano in tal modo il diritto a essere considerati amici d'Israele); ma considerava sionisti in senso stretto soltanto gli ebrei disposti a trasferirsi in Israele. Al XXVI congresso (dicembre 1964 - gennaio 1965) il presidente della Wzo, Nahum Goldmann, definiva dal canto suo come obiettivi del sionismo la sopravvivenza della nazione ebraica nella diaspora e l'assistenza dello Stato di Israele al popolo ebraico. ![]() A. Leon, Il marxismo e la questione ebraica, Samonà e Savelli, Roma 1969; M. Massara, La terra troppo promessa. Sionismo, imperialismo e nazionalismo arabo in Palestina, Teti, Milano 1979; R. Balbi, Hatikvà. Il ritorno degli ebrei nella terra promessa, Laterza, Roma-Bari 1983; A. Moscato (a c. di), Israele senza confini, Sapere 2000, Roma 1984; H.M. Sachar, Diaspora. An Inquiry into the Contemporary Jewish World, Harper, Londra 1985. |
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